Storia del Liceo Scientifico Leon Battista Alberti

Uno dei più "anziani" narratori della storia del nostro edifico di viale Colombo e dei cagliaritani che lo hanno frequentato è Piergiorgio Santoru, assistente amministrativo del Liceo, che ci ha un pò aiutato in questa breve ricostruzione.

Tutto iniziò con l'azione di padre Francesco Solinas, conventuale francescano e prozio del'attuale Direttore Amministrativo del Liceo, dott.ssa Dal Lago, che aveva riadattato una sorta di deposito militare che fino al 1943 era l'Educatorio “Walter Pasella”, un organismo assistenziale voluto prima della guerra dal segretario della federazione fascista di Cagliari, Enrico Endrich, uno dei pochi uomini del regime infausto di quel tempo stimato per onestissimo e amante della sua città anche da parte delle future forze di liberazione e di ricostruzione del dopoguerra (cattoliche, liberali e socialcomuniste).

Di fatto ' l'Educatorio “ Pasella" era un istituto di correzione per minorenni discolacci gestito dalla Marina con metodi educativi spartani, che però faceva uscire uomini addestrati ed in possesso del mestiere di marinaio.

In quegli anni Cagliari era una città devastata dai bombardamenti e questo generò tantissimi sfollati, tra i quali molti orfani. Grazie a un contributo di 25 mila lire concesso dalle amministrazioni pubbliche, nel febbraio del 1945 padre Solinas accolse i primi ospiti, cinque schileleddus, in quella che sarà la “città dei ragazzi”. L'edificio stesso si avvalse dell'opera di riadattamento della manualità dei ragazzi, che facevano da manovali, da carpentieri e da falegnami allo stesso Padre Solinas, il quale di persona contribuiva alla ricostruzione e a quel miracolo di scuola di mestiere e di vita che aiutò i giovani cagliaritani così duramente provati dagli orrori della guerra ad aver fiducia in un futuro migliore (e tutta la forza e l'educazione necessaria a superare tutti gli ostacoli per raggiungere il futuro migliore che li aspettava). Moltissimi di questi ragazzi divennero peraltro nel tempo affermati artigiani, commercianti, imprenditori e qualcuno arrivò poi a laurearsi e ad esercitare le professioni che richiedevano quel titolo di studio.

Il miracolo quotidiano della solidarietà fu reso possibile però, grazie all'opera di molti insegnanti volontari, tra cui il preside del Istituto Tecnico Martini (all'epoca per ragionieri e geometri), prof. Beniamino Melis, nonno del nostro narratore per parte di madre e di tante professoresse e maestre dell'epoca; tra le altre la dottoressa Anna Satta e le insegnanti Lecca, Mulas e Baldussi.

In un'area attigua al caseggiato vennero elevati tre capannoni d'emergenza, che diventarono altrettanti dormitori con letti a castello forniti dall'Alto Commissariato per la Sardegna. Gli arredi erano quanto di più spartano ed essenziale si possa immaginare, i piatti per il vitto nient'altro che gavette militari. Gli abiti dei bambini neppure lontani parenti delle divise dei colleges inglesi. Ma non fa niente. Padre Francesco contava soltanto sulla Provvidenza e sulla sua rete di insegnanti e collaboratori: con questi due aiuti riusciva ogni giorno a sfamare il suo esercito di ragazzi in continua crescita. Nella città dei ragazzi cagliaritana capisaldi dell'educazione erano ovviamente catechismo, scuola e lavoro. Per il primo non c'erano problemi, perché provvedeva personalmente il padrone di casa, padre Francesco. Per gli altri gli insegnanti di scuola elementare e media all'interno del caseggiato di viale Colombo, quanti frequentavano l'avviamento si recavano invece al “Cima”, in piazza Dante, l'attuale piazza Giovanni XXIII. Per i più grandicelli, nei locali dell'istituto il frate attrezzava laboratori di meccanica, falegnameria, rilegatore di libri e calzolaio.

Il passare degli anni e la lenta ripresa economica della città fecero uscire anche il “Conservatorio” di viale Colombo dall'emergenza. È proprio nella metà degli anni cinquanta che si sentì la necessità di una primissima ristrutturazione dell'edificio che, in seguito ai miglioramenti nelle sue diverse parti, consentiva di accogliere un maggiore afflusso di ragazzi. Da rilevare che furono anche i primi ex alunni a partecipare alla ricostruzione e a promuovere l'azione educativa dei nuovi arrivati.

Successivamente il Provveditorato agli Studi decise di istituire in quell'edificio, che già aveva avuto un ruolo importante, una vera e propria scuola, che si sarebbe chiamata Istituto Tecnico per Geometri Ottone Bacaredda. Con il passare del tempo la scuola ebbe un successo sempre crescente e ciò comportò la necessità di spazi più ampi, che vennero trovati in via Grandi, dove gli alunni furono trasferiti. Qui tutt'ora è situato l'I.T.G. Bacaredda.

Intorno alla metà degli anni sessanta e fino ai primi anni settanta l'edificio di viale Colombo rimase per un piccolo lasso di tempo senza una funzione ben precisa. Quindi venne riassegnato alla nascente Scuola Tecnica Commerciale, la quale, ai tempi, forniva un indirizzo di studi di soli tre anni. Dopo pochi anni, gli studenti che invece volevano proseguire gli studi fino all'università, grazie alle numerose manifestazioni che si erano tenute in quegli anni in tutta Italia, riuscirono a far abolire completamente i corsi triennali commerciali istituendo, invece, degli indirizzi di studi professionali commerciali. Questi differivano dai precedenti per la loro durata, che era divenuta di cinque anni.

L'incremento della durata del corso di studi implicò un maggior numero di alunni presenti nello stesso edificio, fatto che portò l'esigenza di una nuova espansione. Fu così che venne costruita la cosiddetta "torretta" nell'ala ovest dell'edificio. Questo ampliamento, però, non era sufficiente a mantenere tutti gli alunni, che dovettero trasferirsi nelle scalette di via San Sepolcro, fondando l'Istituto Professionale per l'Industria ed il Commercio Azuni, che esiste tutt'ora, seppure nuovamente trasferito in altra zona .

Anche questo importante istituto, dunque, uno dei "figli scolastici" della sede storica di Viale Colombo.

Durante la metà degli anni settanta, per parlare però della storia vera e propria della nostra scuola o di quella che comunque ci riguarda più da vicino sino ad arrivare alle vicende dei nostri giorni, l'afflusso dei ragazzi ai licei scientifici era così grande che, non potendo essere gestito dai soli Licei Pacinotti e Michelangelo, venne richiesta nel 1972 l'istituzione di un nuovo Liceo: il Liceo Scientifico Leon Battista Alberti.

La scuola divenne ben presto apprezzata per la qualità dei suoi insegnanti (tra i quali molti parenti diretti del personale attuale, docente e non) e per l'accoglienza offerta ai ragazzi. Inoltre, essendo l'edificio situato nei pressi della stazione ferroviaria e del terminal degli autobus, diventò una delle scelte principali per gli studenti pendolari che volevano seguire un indirizzo scientifico. Questi studenti provenivano dall'hinterland cagliaritano, comprendendo cioè un territorio che va da Elmas a Siliqua, da Villasor a Pula, da Quartu a Villasimius, sebbene vi fossero anche studenti provenienti da Cagliari stessa.

L'edificio originario aveva dato una grandissima mano d'aiuto a Cagliari e, per poterlo salvare come scuola, si decise di adoperare i doppi turni, tipici degli anni ottanta. Anche dopo aver subito un totale di due interventi di completa ristrutturazione, lo spazio era ancora insufficiente per accogliere l'enorme quantità di studenti che continuava ad aumentare. Si iniziò quindi a richiedere una seconda sede, in modo che gli studenti potessero frequentare le lezioni solamente durante l'orario antimeridiano. Fu così che venne costruita la sede di via Ravenna, che nasce come vera e propria succursale dell'Alberti. Essa permetteva, inoltre, di avvicinare al liceo i cagliaritani di via della Pineta e quelli della zona costiera.

Per circa un ventennio, l'affluenza diventò tale da dover anche delocalizzare alcune sezioni in edifici esterni, come ad esempio in via Brianza e in via Grandi. Il problema dell'afflusso venne però risolto dall'apertura del liceo Euclide, che rese il numero di studenti adatto ad essere ospitato nelle due sedi storiche dell'Alberti.

L'edificio, come lo conosciamo oggi, ha avuto molte facce durante lo scorrere degli anni, mantenendo sempre un ruolo importantissimo: in primo luogo come ancora di salvezza per gli orfani cagliaritani del dopo guerra e, successivamente, nell'istruzione e nell'educazione di diverse generazioni di studenti.

Il liceo Alberti ha quindi alle sue spalle una storia davvero importante che tutti noi dobbiamo difendere da tutti gli avventurieri che vorrebbero scippare una scuola per farne un deposito di barche o di chincaglierie a qualsiasi titolo commerciali (fossero anche megalberghi galattici o improbabili aree di beni comuni).

Quale è infatti il bene più comune e più da mettere in comune (nel senso di "condividere") se non una scuola? E per di più, ripetiamo, così gloriosa. E vista dal mare persino, lei sì, davvero bella. Ed anche davvero buona (circa la preparazione interna).

E se per arrivare a ciò bisogna sfasciare un piano regolatore, chi se ne frega: meglio sfasciare e rifare meglio quattro pezzi di carta che non passar le ruspe sulla scuola.